Gestione della crisi d’impresa

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) è stato introdotto con il Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che ha riformato profondamente la normativa in materia di insolvenza e di procedure concorsuali.

Il CCII è entrato in vigore completamente in data 15 luglio 2022 dopo che le vicende legate alla pandemia avevano più volte rinviato l’entrata in vigore

Obiettivi principali

Gli obiettivi principali del Codice della crisi e dell’insolvenza sono:

  • La prevenzione della crisi: attraverso strumenti per individuare precocemente segnali di difficoltà economica, in modo da permettere all’impresa di adottare misure correttive prima che la crisi diventi irreversibile.
  • La riorganizzazione dell’impresa: attraverso il sostegno alla ristrutturazione e al risanamento delle imprese in difficoltà, cercando di preservarne la continuità aziendale e quindi i livelli di occupazione (continuità e livelli di occupazione considerati come dei veri e propri “valori aziendali”.
  • La tutela dei creditori: La legge cerca di bilanciare gli interessi dei creditori con quelli dell’impresa, cercando di trovare soluzioni che tutelino entrambi in caso di crisi. 
  • La semplificazione delle procedure concorsuali: Razionalizzazione e semplificazione delle procedure, che devono essere più snelle e veloci per garantire una migliore gestione delle difficoltà aziendali.

I principali strumenti disciplinati dal Codice della crisi e dell'insolvenza (CCII)

La Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa  consente di dare pronta attuazione alle misure di supporto alle imprese per consentire loro di contenere e superare gli effetti negativi dell’emergenza economica e finanziaria.

L’imprenditore commerciale e agricolo che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne rendono probabile la crisi o l insolvenza, può chiedere al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa, la nomina di un esperto indipendente quando risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

Le trattative possono condurre all’implementazione di accordi e strumenti di risoluzione idonei a superare le difficoltà; in caso contrario, l’impresa può richiedere l’accesso alle procedure concorsuali di ristrutturazione previste dal Codice dell’Insolvenza, come illustrato di seguito, ossia il concordato preventivo, il nuovo concordato preventivo “semplificato”, gli accordi di ristrutturazione e i piani di risanamento.

Per favorire una tempestiva risoluzione della crisi, sono stati introdotti obblighi di segnalazione per gli organi di controllo delle società, ora tenuti a riferire agli organi amministrativi societari sulla sussistenza delle condizioni di accesso alla Composizione Negoziata.

Inoltre, i cosiddetti “creditori pubblici certificati” sono tenuti a segnalare agli organi amministrativi della società il superamento di determinate soglie di esposizione – come stabilito dall’Art. 25 nonies CCII – e invitare l’azienda ad avviare una Composizione Negoziata se sussistono le relative condizioni.

Si precisa comunque che nessuna segnalazione può rendere obbligatoria l’adesione da parte di un’azienda alla Composizione Negoziata, che resta uno strumento esclusivamente facoltativo.

Si tratta di procedure che consentono alle imprese di ristrutturare i debiti con i creditori, con l’obiettivo di evitare la liquidazione giudiziale e quindi conservare i livelli di occupazione. L’attuale normativa ripropone molti aspetti procedurali già presenti nella previgente legge fallimentare; in particolare, vengono previsti e disciplinati:

  • l’accordo di ristrutturazione “agevolato” ha il vantaggio che è inferiore il quorum per il consenso dei creditori al verificarsi di determinate condizioni: l’accordo deve essere approvato dai creditori che rappresentino il 30% dell’indebitamento (rispetto al 60% degli accordi di ristrutturazione ordinari)
  • l’accordo di ristrutturazione “a efficacia estesa” consente di estendere ai creditori ‘dissenzienti’ le principali disposizioni dell’accordo.

Il Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO) è uno strumento nuovo, introdotto proprio dal CCII caratterizzato da una maggiore flessibilità pur nella tutela degli interessi dei creditori.

Aspetti fondamentali del PRO sono rappresentati dal fatto che:

  • non deve necessariamente attenersi al disposto dell’art. 2740 cod. civ. che prevede l’assegnazione dell’intero patrimonio presente e futuro del debitore al fine di soddisfare i creditori, né al principio della par condicio creditorum previsto dall’art. 2741 cod. civ.;
  • la previsione di diverse classi di creditori, tenuto conto della loro qualificazione giuridica e dei rispettivi interessi economici;
  • le retribuzioni dei dipendenti devono essere soddisfatte entro 30 giorni dall’omologazione.

Nell’ambito del procedimento, la gestione ordinaria e straordinaria è affidata agli amministratori della società, purché sia condotta nell’interesse prevalente dei creditori e sotto la supervisione di un commissario giudiziale. 

Il CCII ha introdotto molte novità proprio sul ruolo e sulle funzioni di tale strumento di regolazione della crisi d’impresa, precisando che lo stesso deve realizzare, sulla base di un piano avente il contenuto di cui all’articolo 87, il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale mediante la continuità aziendale, la liquidazione del patrimonio, l’attribuzione delle attività ad un assuntore o in qualsiasi altra forma 

I presupposti essenziali per poter accedere al concordato preventivo risultano pertanto essere:

  • Soggettivo, ai sensi dell’articolo 84 possono accedere al concordato preventivo solo gli imprenditori commerciali non “sotto soglia”
  • Oggettivo, l’accesso al concordato preventivo è consentito all’imprenditori che si trovi in stato di crisi ovvero insolvenza definito dall’articolo 2
  • Soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale, ai sensi del comma 1 dell’articolo 84.

Le nuove norme si focalizzano soprattutto sul “concordato preventivo in continuità aziendale”, specificando che la continuità aziendale tutela l’interesse dei creditori e preserva, nella misura possibile, i posti di lavoro.

La novità rispetto alla precedente normativa è che la conservazione dell’azienda viene posta sullo stesso piano della soddisfazione dei creditori,

La salvaguardia dell’azienda e la tutela dei creditori sono nella nuova formulazione della normativa CCII elementi fondamentali del concordato in continuità.

Tipologie di concordato preventivo:

Il CCII disciplina due tipologie di concordato preventivo, prevedendo regole diverse in ordine al contenuto del piano, alle modalità di voto, alle regole di distribuzione del valore, al giudizio di omologazione: il concordato preventivo in continuità aziendaleil concordato preventivo liquidatorio.

Nell’ambito del concordato preventivo, si colloca l’istituto della transazione fiscale e previdenziale, disciplinato dall’art. 88 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Tale istituto – contemplato anche nell’ambito degli accordi di ristrutturazione del debito – consente un pagamento ridotto dei debiti tributari e previdenziali o una dilazione degli stessi. Si tratta, quindi, di una grande opportunità sia per le imprese in difficoltà finanziaria, che possono chiudere le pendenze con il fisco e gli enti previdenziali, sia per lo Stato che, attraverso questo istituto, è nelle condizioni di recuperare denaro e salvaguardare imprese e posti di lavoro.

Il Concordato minore

Il concordato minore è una procedura di sovraindebitamento,  che basa su una proposta formulata dal debitore (che non può essere un consumatore), la quale viene sottoposta prima all’approvazione dei creditori e, una volta approvata, all’omologazione da parte del Tribunale.

La finalità del concordato minore è quella di consentire il superamento della situazione di sovraindebitamento del debitore, sulla base di una proposta di sistemazione che assicuri i creditori un soddisfacimento non inferiore rispetto all’alternativa liquidatoria. 

La struttura del concordato minore è molto simile a quella del concordato preventivo; per tale motivo, l’art. 74, comma 4 del Codice prevede che si applicano al concordato minore le norme dettate per il concordato preventivo, in quanto compatibili.

Analogamente al concordato preventivo, sono previste due tipologie di concordato minore:

  • il concordato minore in continuità – che costituisce l’ipotesi prelevante e incentivata dal legislatore – il quale prevede la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale del debitore (art. 74, comma 1 del Codice); 
  • il concordato minore liquidatorio, nel quale non è prevista la prosecuzione dell’attività, ma la mera liquidazione dei beni; tale tipo di concordato è tuttavia ammesso solo quando è previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori (art. 74, comma 2 del Codice), come rimesso al prudente apprezzamento del Tribunale.

La proposta del debitore può, peraltro, prevedere una parte di concordato in continuità (prosecuzione, diretta o indiretta dell’attività) ed un’altra di tipo liquidatorio (con dismissione di una parte dei beni); in tal caso, il concordato è qualificabile comunque in continuità.

Contenuto della fisarmonica

Nel CCII la “Liquidazione giudiziale” sostituisce il “vecchio” fallimento previsto dalla normativa previgente.

Si tratta di una procedura interamente finalizzata alla liquidazione dei beni di un imprenditore o di una società insolvente (artt. 121-283 CCII).

La prima novità sta proprio nella terminologia utilizzata: infatti il legislatore italiano, così come già avveniva in molti altri paesi europei, ha “abolito” il termine “fallimento” privilegiando il concetto ed il termine di “liquidazione”

In linea con lo spirito della legge a tale procedura viene dato un “ruolo” per così dire “residuale”, sia perché viene data priorità alle domande di accesso agli strumenti volti alla ristrutturazione aziendale rispetto alla liquidazione giudiziale; sia dalla scelta di collocare le disposizioni sulla liquidazione giudiziale in seguito a quelle che disciplinano le procedure con finalità di risanamento e ristrutturazione.

La liquidazione controllata è una procedura di sovraindebitamento, a carattere non negoziale, finalizzata a liquidare l’intero patrimonio del debitore e ad utilizzare il ricavato per soddisfare i creditori, nel rispetto della par condicio creditorum.

La procedura di liquidazione controllata ha una struttura molto simile a quella della liquidazione giudiziale e al pari di quest’ultima, costituisce lo strumento residuale per la definizione della crisi da sovraindebitamento, aperto all’iniziativa dei terzi creditori. Pertanto, le condizioni di accesso a tale procedura sono meno stringenti rispetto alla ristrutturazione dei debiti del consumatore e al concordato minore, dato che la liquidazione controllata non costituisce un beneficio per il sovraindebitato, bensì un’opportunità di liquidazione collettiva a favore di tutti i creditori.

Sotto il profilo soggettivo, la procedura è accessibile da parte di consumatori (ovvero, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. e) del Codice, persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta), e imprenditori, i quali non superino la soglia di fallibilità (ovvero che, negli ultimi tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza, non superino alcuna delle soglie previste dall’art. 2, comma 1, lett. d), relative all’attivo patrimoniale, ai ricavi e ai debiti), imprenditori agricoli (art. 2135 c.c.), start-up innovative, o comunque imprenditori che, al momento di presentazione della domanda, non siano assoggettabili a liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza.

Sotto il profilo oggettivo, per accedere alla procedura in oggetto, il debitore deve trovarsi in stato di insolvenza (cioè non essere più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni) o anche solo di crisi, cioè nella situazione in cui l’insolvenza è statisticamente probabile (in quanto manifestata dall’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi), ma non certa.

Il Codice dell’Insolvenza prevede innovazioni significative in materia di gestione delle crisi finanziarie dei gruppi di imprese (artt. 284-292 CCII), con l’obiettivo di affrontare in prospettiva unitaria le difficoltà che colpiscono tutte o alcune imprese appartenenti allo stesso gruppo.

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